Già a partire dai primi anni '50 il dibattito sul progetto di un museo “dedicato” ai reperti archeologici della collezione piemontese metteva in luce la necessità di realizzare un edificio vero e proprio collocato in una posizione decisamente più visibile e importante. Il progetto pensato dagli architetti, invece, ha puntato su una collocazione più invisibile, rivolta a enfatizzare - attraverso il percorso ipogeo - la “dimensione archeologica”, ossia quella sotterranea, intesa come sottosuolo che restituisce nel tempo i resti dell'antichità. Questa scelta ha portato ad un percorso di approvazione piuttosto complesso, lungo e delicato.
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