Di Gustave Doré
Nel XXXIIIesimo canto dell'Inferno, della Divina Commedia di Dante, compare Branca Doria, colpevole di aver ucciso Michele Zanche, padre della sua sposa. Il tradimento compiuto da Branca porta Dante a collocarne l'anima nel girone dei Dannati, insieme al Conte Ugolino. Nella Divina Commedia si legge: "Tu 'l dei saper, se tu vien pur mo giuso: elli è ser Branca Doria, e son più anni poscia passati ch'el fu sì racchiuso».
«Io credo», diss'io lui, «che tu m'inganni; ché Branca Doria non morì unquanche, e mangia e bee e dorme e veste panni».
«Nel fosso sù», diss'el, «de' Malebranche, là dove bolle la tenace pece, non era ancor giunto Michel Zanche,
che questi lasciò il diavolo in sua vece nel corpo suo, ed un suo prossimano che 'l tradimento insieme con lui fece.
Ma distendi oggimai in qua la mano; aprimi li occhi». E io non gliel'apersi; e cortesia fu lui esser villano.
Ahi Genovesi, uomini diversi d'ogne costume e pien d'ogne magagna, perché non siete voi del mondo spersi?
Branca Doria, come Dante ben sa, è ancora vivo sulla terra e un demone si è impossessato del suo corpo mentre la sua anima viene tormentata dal ghiaccio. Il sommo poeta chiude il canto con un'invettiva contro i Genovesi,
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