Seminascosta tra capannoni industriali, stretta tra strade trafficate e l'autoporto di Pescarito, la medievale Abbadia di Stura sembra fare di tutto per mantenere il suo status di gioiello dimenticato. Così quello che fu ospedale, chiesa, mulino, punto di accesso privilegiato alla città di Torino sulla strada proveniente da Milano, oggi è un luogo sconosciuto quasi a chiunque, tranne ai molti colombi che ne hanno fatto la loro casa, ma ben noto a storici ed archeologi. Il complesso è monumentale ma versa in stato di abbandono dagli anni Cinquanta del Novecento, «condannato a morte» da un Piano Regolatore che nel 1959, non riconoscendone il valore, destinò tutta l'area alle attività industriali. Oggi il venir meno di quelle stesse esigenze produttive e i piani di trasformazione della città hanno riacceso le speranze su un possibile recupero dell'Abbadia (o Abbazia), da portare a termine nel medio-lungo periodo nel contesto di un progetto di riqualifica che comprenderebbe buona parte del quartiere Barca.
La chiesa parrocchiale di San Giacomo di Stura, fino ai primi anni del Novecento, costituiva un riferimento sociale e religioso per l'ampia comunità delle zone di Falchera e Bertolla. I bombardamenti interessarono anche la chiesa, nell'estate del 1943.
Nel dopoguerra, nel Piano Regolatore Generale Comunale di Torino del 1959, il complesso abbaziale non risulta più individuato e viene invece definito come un contesto a vocazione industriale. Le strutture dell'Abbadia so